La definizione di
La percezione di Maya può variare parecchio da una scuola di yoga all'altra: una scuola di tipo non dualista (advaita) darà una definizione abbastanza diversa da una scuola dualista (dvaita).
Possiamo tentare di definire Maya in questo modo: il Sé vela se stesso dando forma all'intero universo; nel Sé tutto l'universo è compreso, non esiste nulla al di fuori del Sé. Per poter sperimentare questa creazione, il Sé deve in un certo modo separarsi da ciò che ha creato (e da ciò che comunque è), o almeno illudersi di farlo; Maya è come un velo che il Sé getta su Se Stesso per lasciarsi momentaneamente ingannare sulla realtà della propria creazione.
Nel momento in cui questo velo viene sollevato e Maya cade, si ottiene l'Autorealizzazione: in questo caso il Sé (o meglio l'individuo che è in costante identità con Esso) vede la realtà illusoria o mentale di tutto quello che la circonda.
Una volta uno studioso francese arrivò al Ramanasramam e chiese a Ramana Maharshi di spiegare cosa è maya. Il Maharshi ignorò la sua domanda. Un’ora dopo rifece la domanda ed ebbe la stessa risposta. Lo studioso seguì il Maharshi sulla collina durante la passeggiata serale e di nuovo chiese una spiegazione di maya. Il Maharshi ancora non rispose in alcun modo.
Quando il dottor Radhakrishnan arrivò al Sri Ramanasramam il giorno successivo, tutti i devoti andarono al cancello a salutarlo. Fu condotto nella sala dove sedeva il Maharshi ed eseguì una prostrazione completa sul pavimento. Pochi minuti dopo fu condotto a fare un giro dell’ashram dal Direttore. Tutti andarono con lui, lasciando soltanto il Maharshi e il francese nella sala.
Quando furono insieme da soli, il Maharshi guardò lo studioso e disse, "Ieri mi hai chiesto tre volte cosa è maya. La gente viene qui per la liberazione, ma dopo un po' di tempo appare qualcosa o qualcuno di più interessante e loro vi corrono dietro. Questa è maya."
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